Il rifiuto dei limiti

                          IL RIFIUTO DEI LIMITI               Seconda parte

 

Tutti sappiamo che non è facile sentirsi dire “no”. Se rifiutate al bambino qualcosa che desidera, dovete essere pronti ad affrontare la sua reazione.

Gli accessi d’ira

L’accesso di collera è tipico dei bambini in età prescolare. Possono avere dei fortissimi attacchi di rabbia e comportarsi come se stessero davvero per esplodere, buttandosi a terra, agitando furiosamente braccia e gambe. Noi reagiamo, in genere, arrabbiandoci o preoccupandoci che si facciano male. A volte questa scarsa capacità di autocontrollo ci imbarazza. I sentimenti che suscita in voi un accesso d’ira costituiscono la sua principale comunicazione: vi sentirete preoccupati, impotenti, crudeli e via dicendo.

Ed è così che si sente il bambino. (…). Parliamo di  “perdere la testa”, “essere fuori di sé”, come se davvero avessimo perso qualcosa che ci appartiene, una parte di noi stessi. Gli accessi di collera sono l’espressione esteriore della perdita di un senso coerente di sé, che genera nella persona un senso di frustrazione.  

Possono essere momenti paurosi sia per chi li vive sia per chi vi assiste. I bambini piccoli, quando sono agitati, tendono ad agire piuttosto che a parlare, comunicano tramite il comportamento. Se un adulto riesce a contare fino a dieci e ad aiutare il bambino, a farlo tornare in sé, a farlo sentire meno dilaniato dalla collera, probabilmente il bambino finirà per tranquillizzarsi.

L’adulto deve restare calmo, non deve farsi sopraffare dalle emozioni del bambino al punto da lasciarsi trascinare, cedendo anche lui all’ira. La collera non ha niente in comune con la ragione. Spesso, quando assistiamo a un accesso d’ira o ne siamo la causa, viene risvegliata una parte di noi che sa cosa significa perdere il controllo. Vogliamo bloccare in fretta l’esperienza e, invece di prendere le necessarie distanze dallo stato del bambino, premessa indispensabile per poterlo aiutare, ci lasciamo trascinare nel conflitto. E’ più facile cedere all’irritazione e dire “Piantala con queste assurdità”, che prendere atto che il bambino è sofferente e ha bisogno di essere tranquillizzato e contenuto.

Quando i bambini sono piccoli, possiamo ancora trattenerli fisicamente, contenerli finché l’ondata è passata, e poi aiutarli a riprendersi. Alcuni bambini hanno bisogno di questo contenimento fisico, ad  altri basta la voce, o la vostra pazienza, o semplicemente che li lasciate sfogare, limitandovi a essere presenti.

 

Genitori o mostri?

A volte i bambini si comportano come se vi foste trasformati nella strega di Biancaneve, e vi può capitare di chiedervi se non state agendo davvero in modo crudele. Dovrete magari rammentare a voi stessi che non è una cattiveria dire no a vostro figlio che pretende di vedere un’altra videocassetta, ma che, anzi, molto probabilmente è la cosa giusta da fare. Quando era in collera con me, mia figlia, standomi in braccio, piangeva e singhiozzava dicendo: ”Voglio la mia mamma!”, come per dire: “Non te, orribile persona, la mia mamma, quella buona!”. Sembra strano che, da piccoli, si possano provare sentimenti così contrastanti nei confronti della stessa persona. Ma, se riflettiamo un momento, ci rendiamo conto che è così per tutta la vita, anche se in forme meno evidenti. Spesso non capiamo come la persona che amiamo possa essere così esasperante. E’ un modo piuttosto comune di affrontare i sentimenti ambivalenti: separarli rigidamente, pensare che una persona sia buona e l’altra, che solitamente è quella che ci impone dei limiti, cattiva. Questo approccio può provocare problemi di ogni genere in seno a una coppia, o tra i genitori e la tata o altre persone che accudiscono il bambino, nonni, insegnanti. Come nelle fiabe, separare le cose in questo senso, è un modo di semplificarle, di sentirsi giustificati se si odia o si ama in modo appassionato. L’ambivalenza è molto più difficile da gestire.

La comprensione del processo in atto ci aiuta a pensare con più chiarezza e a evitare di prendere le critiche in modo troppo personale; questo, a sua volta, rende più facile mantenere un atteggiamento fermo. Se riuscite a conservare l’immagine di voi stessi, a pensare che state facendo la cosa giusta per il bene di vostro figlio, agirete con più convinzione. Se invece date credito alla sua immagine di voi quando vi vede d’un tratto divenuta cattivo o crudele, potreste diventarlo davvero o sentirvi paralizzati (…). Può essere molto inquietante rendersi conto che un bambino vi ha trasformato in un mostro. Diventa difficile pensare con chiarezza. Bisogna prendere tempo per considerare oggettivamente la situazione ed esaminare cosa sta realmente accadendo. E’ giusta la percezione di nostro figlio? A volte può esserlo: vi accorgerete magari di essere stati troppo duri, e potrete modificare il vostro atteggiamento. Altre volte, invece, capirete che avete fatto bene ad agire con fermezza, anche se a vostro figlio la cosa non piace. Allora dovrete essere preparati a far fronte alle sue critiche.    

 

La collera

I limiti spesso provocano rabbia, e dobbiamo essere in grado di affrontarla. La collera è comune a noi tutti, eppure spesso vi è associato un senso di colpa. Invece è normale e sano provare rabbia per certe cose, ed è rassicurante per i bambini sapere che anche i genitori vanno in collera. La differenza sta nel modo di affrontarla. Se i genitori si arrabbiano e riescono a superare la collera, anche il bambino imparerà a gestire in modo positivo le proprie emozioni.

I bambini devono potersi arrabbiare e devono trovare i modi accettabili di esprimere la collera. I motivi per cui si impuntano possono essere i più disparati. All’asilo nido c’è il bambino che protegge i suoi puzzle come se ne andasse della vita, mentre un altro, se qualcuno gli porta via i pezzi, rinuncia e se ne va. C’è quello che, se viene picchiato da un altro bambino, si mette a strillare suscitando un pandemonio, mentre un altro si mette a piangere e cerca aiuto, un altro ancora reagisce picchiando a sua volta, un altro si ritira in silenzio in un cantuccio. Dovete sperare di far nascere in vostro figlio un forte senso di sé, perché si arrabbi quando viene maltrattato. Il modo in cui esprime la collera consente di prevedere le reazioni che susciterà a sua volta negli altri.

Nell’esempio appena riportato, potreste aiutare il primo bambino a considerare le percosse nella giusta prospettiva: è stato un vero trauma o un semplice litigio? L’ultimo bambino, invece, andrà probabilmente stimolato a difendere i suoi diritti e a non lasciarsi picchiare. Capita a tutti nella vita di provare rabbia; in tutte le famiglie e in tutte le situazioni sociali esistono i contrasti. Una grande capacità che tutti dobbiamo acquisire è quella di gestire i conflitti e le emozioni forti. (…)

Bisogna che l’espressione della collera venga tollerata dagli altri perché il bambino non la senta come qualcosa di insopportabile o, nella peggiore delle ipotesi, letale. Se non si possono esprimere la collera e la rabbia diventa difficile, e a volte quasi impossibile, gestire questi sentimenti estremi. Se non ne può fare esperienza di persona, il bambino non ha modo di imparare a controllare le sue emozioni aggressive. Solo provandole può sapere quanto sono forti. Se non può buttar fuori tutta la sua rabbia, o tradurre almeno in parte in azioni quello che sente, può immaginare il suo potere di distruzione ben più grande di quanto non sia realmente. Rischia allora di subire un trauma quando deve affrontare un compagno prepotente. A seconda della sua esperienza e di come l’ha elaborata, si può comportare da bravo bambino che non usa mai le mani, ed essere picchiato; può pensare di essere invincibile e scoprire con stupore che l’altro bambino è molto più forte di lui; può essere incapace di controllarsi e fare molto più male di quanto fosse nelle sue intenzioni.

Dovrebbe esserci uno spazio in cui i sentimenti di collera sono legittimi. L’espressione della collera e i limiti entro cui viene accettata variano molto non solo a seconda delle culture, ma anche da una famiglia all’altra. Sbattere le porte, urlare, rompere oggetti può essere normale in una famiglia e inconcepibile in un’altra. Il bambino deve sperimentare innanzitutto la collera nella propria famiglia, per poter poi fare confronti con ciò che è consentito altrove.

 

L’aggressività

A volte i bambini, per dar sfogo alla collera, diventano aggressivi. L’aggressività è spesso l’altra faccia della paura. I bambini piccoli, in particolare, traducono subito in azione i loro sentimenti; per capire che il pensiero deve precedere l’azione hanno bisogno dell’esempio di un adulto.(…)

Spesso i bambini, quando sono spaventati o si sentono minacciati, perché sono stati rimproverati, o perché non sanno fare ciò che viene loro richiesto, o perché sono vittime della prepotenza di altri bambini o di adulti, diventano aggressivi. Un modo di non essere spaventati è assomigliare a quelli che ci fanno paura, diventare noi l’aggressore. Essere piccoli può essere una condizione paurosa: sembra che tutti sappiano fare meglio le cose, abbiano più potere, siano più grossi e più forti. (…)

Non dobbiamo dimenticare, tuttavia, che l’aggressività può essere anche una forza positiva. Può essere l’equivalente emotivo del tono muscolare. Spesso è l’aggressività a rendere determinati, a dare una spinta in avanti. Sta a noi, poi, farne un uso costruttivo o distruttivo.

 

 

 Tratto da:

Asha Phillips - I no che aiutano a crescere